È iscritto all’Ordine dei Medici di Caserta il professionista che con una tecnica innovativa è riuscito a evitare l’amputazione di entrambi i piedi a un paziente direttore dell’Orchestra da Camera fiorentina.
Si tratta del dottore Armando del Prete, 38 anni, dirigente medico presso l’Ospedale Universitario Careggi. Qui lavora nel reparto di ortopedia e si occupa specificamente della chirurgia del piede. Diploma allo scientifico Diaz, Università Vanvitelli, specializzazione in ortopedia a Firenze, città che ora lo accoglie.
Il Consiglio dell’Ordine dei Medici di Caserta presieduto da Carlo Manzi con orgoglio ne dà notizia. E lo stesso presidente tiene a sottolineare: «Spesso ci capita di leggere di imprese professionali da parte di nostri iscritti operanti fuori regione. Nel caso specifico si tratta di un amico e collega che ha frequentato con me la facoltà di medicina del territorio per poi spostarsi a Firenze per la specializzazione in ortopedia. Se da un lato queste notizie ci riempiono di gioia e di orgoglio, dall’altro penso a come la mobilità sanitaria in uscita si ridurrebbe richiamando queste professionalità nelle strutture del Servizio Sanitario Regionale campano».
A raccontare quanto accaduto è proprio il dottore Armando Del Prete: «Il paziente presentava una infezione bilaterale dei piedi. Questi casi si chiamano “cancrene umide” e vengono trattate con l’amputazione dei piedi. Ipotesi che non aveva accolto di buon grado il paziente, considerata anche la sua attività. Da qui la proposta di utilizzare una nuova e innovativa tecnica che prevede l’utilizzo di dispositivi che una volta impiantati rilasciano antibiotico, che in questo modo funziona dove serve. Questa era la novità». Il professionista poi spiega: «Naturalmente a questo si è arrivati dopo un percorso un po’ più lungo. Il maestro è stato ricoverato nel reparto di malattie infettive per tre settimane, durante le quali si è intervenuti per far ridurre il gonfiore del piede, quindi la sala operatoria per una detersione chirurgica. È stato prelevato del tessuto infetto per analizzarlo e capire il tipo di batterio, individuando così l’antibiotico idoneo. Dopo una decina di giorni il paziente è stato riportato in sala operatoria ed è stato ripulito di tutto il tessuto infetto, quindi anche all’interno dell’osso, inserendo fosfato calcico con aggiunta di antibiotico specifico. Questa tecnica è andata bene. Il paziente ha risposto molto bene e nell’arco di circa due mesi le ferite si sono chiuse, il piede non era più gonfio e il paziente ha ripreso ad alzarsi. Ma soprattutto il maestro ha ripreso la sua attività. La sensazione che si prova non è tanto ansia quanto responsabilità nei confronti del malato. Ansia che viene poi ripagata dalla riconoscenza del paziente e dalla gioia di sentirsi utile per averlo aiutato».