CAMORRA. La nuova mappa dei clan, ecco chi comanda nel casertano

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CASERTA – Nella provincia di Caserta la criminalità organizzata costituisce anche per ragioni socio-culturali una presenza radicata e pervasiva che continua a condizionare la vita economica e sociale, conservando anche un certo consenso specie presso le fasce sociali più deboli. I moduli operativi adottati peraltro divergono sempre più da quelli del passato.

Così si apre la relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia, inviata al Parlamento e nel suo passaggio dedicato alla provincia di Caserta, che potete leggere completamente a seguire.

Anche il clan dei CASALESI vicino all’ALLEANZA DI SECONDIGLIANO nel tempo ha consolidato una propria fisionomia imprenditoriale e proiettato anche all’estero sia le proprie attività criminali, sia quelle economico-finanziarie. Pertanto attualmente la forza del cartello si manifesta non solo negli ambiti più strettamente criminali ma soprattutto in quelli di “natura affaristica”.

In tali contesti, in virtù di meccanismi ormai sedimentati, l’organizzazione sarebbe in grado di esercitare una forte influenza, garantendosi la compiacenza di una consistente parte di colletti bianchi e funzionari pubblici e attraverso questi infiltrando la pubblica amministrazione, in modo da pilotarne le procedure a favore di imprese espressione dei clan.

Il fenomeno ha peraltro trovato un importante sbarramento nelle 24 interdittive antimafia emesse nel semestre in esame dal Prefetto di Caserta nei confronti di imprese ritenute a rischio di infiltrazione mafiosa.

La caratteristica vocazione imprenditoriale dei clan casertani ha trovato conferma nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, i quali nel riferire le modalità di gestione delle attività economico-criminali del cartello ne hanno evidenziato la strategia “pacifista” attraverso “un modello di imprenditore camorrista più sofisticato e attento, che adotta metodi meno eclatanti e che punta a “lavorare” in silenzio ma sol per questo non meno invasivo e pericoloso per il tessuto sociale sano”.

In via generale il fenomeno del pentitismo si sta rilevando prezioso per le attività di contrasto specialmente quelle a carico della struttura militare dell’organizzazione criminale che conserva le peculiari caratteristiche volte a garantire un assoluto controllo del territorio e una forza di intimidazione e di assoggettamento capace di contenere eventuali scissioni interne.

Conseguentemente all’acquisizione degli ulteriori apporti dichiarativi da parte di elementi apicali delle famiglie ZAGARIA, SCHIAVONE e IOVINE alcuni dei quali autoaccusatisi con chiamata in correità è stato tra l’altro emesso un provvedimento di riapertura delle indagini preliminari in relazione ad un duplice omicidio perpetrato da un commando armato il 31 ottobre 2003 a Santa Maria Capua Vetere.

Con l’avvio di questa nuova fase procedimentale vengono vagliate una seconda volta le posizioni di alcuni dei principali indagati nei confronti dei quali le precedenti indagini per i medesimi fatti si erano concluse con un decreto di archiviazione. Inoltre si assiste all’ulteriore iscrizione nel registro degli indagati di soggetti per la prima volta chiamati a rispondere del delitto.

Importanti esponenti di vertice della federazione criminale sono stati quindi destinatari della misura cautelare eseguita il 30 novembre 2021 dai Carabinieri.

Nel tempo l’organizzazione criminale dei CASALESI pur mantenendo la struttura di un vero e proprio cartello federato si è andata evolvendo in articolazioni indipendenti e coagulate ognuna intorno al nucleo familiare di appartenenza.

Importati risultati sono stati conseguiti sul piano della prevenzione attraverso una serie di provvedimenti ablativi eseguiti dalla DIA a carico di soggetti riconducibili alla fazione ZAGARIA.

Il 21 luglio 2021 a Santa Maria Capua Vetere è stato eseguito il sequestro anticipato di due polizze nei confronti di un imprenditore edile quale referente per il clan dei casalesi per la gestione degli appalti all’interno del nosocomio di Caserta.

La relativa inchiesta giudiziaria per la quale il destinatario della misura era stato condannato nel 2019 dalla Corte di Appello di Napoli a 7 anni di reclusione aveva già accertato l’operatività del citato clan all’interno della struttura sanitaria facendo emergere una rete di connivenze e collusioni che consentiva di fatto il controllo degli appalti e degli affidamenti diretti di alcuni lavori all’interno dell’ospedale.

La fazione ZAGARIA originaria di Casapesenna ha sempre dimostrato una marcata capacità di infiltrazione dell’economia legale riuscendo a convertire in attività apparentemente lecite specie nei settori dell’edilizia e in generale degli appalti pubblici i proventi ricavati dalle attività illecite soprattutto estorsioni estendendo quindi i propri interessi economici oltre i confini della provincia casertana. Ciò ha trovato conferma nei diversi provvedimenti giudiziari e di prevenzione eseguiti a carico di esponenti del clan.

La stabilità del clan SCHIAVONE appare fortemente messa alla prova dallo stato di detenzione in cui si trovano gli esponenti di vertice, nonché dalle scelte collaborative fatte da alcuni di questi incidendo significativamente sugli equilibri interni dell’organizzazione.

Tuttavia il sodalizio conserva una struttura coesa basata sulla successione familiare alla direzione del clan che assicura continuità all’operatività criminale e consente un capillare controllo del territorio.

Anche per la fazione SCHIAVONE sono emersi interessanti esiti d’indagine relativi a tentativi di infiltrazione nelle attività connesse con la gestione della cosa pubblica.

L’11 Dicembre 2021 gli agenti della Squadra Mobile di Caserta hanno notificato 20 avvisi di garanzia ed eseguito un decreto di perquisizione nei confronti di una commercialista sorella di un esponente di spicco del clan SCHIAVONE sottoposto al regime penitenziario di cui all’art. 41 bis O.P. e altre 19 persone. Le indagini hanno fatto luce sugli affidamenti dei servizi assistenziali alle cooperative sociali che in diversi comuni del casertano e napoletano gestirebbero il cosiddetto “terzo settore” quasi in regime di monopolio. Per la costituzione delle cooperative ed il loro mantenimento sarebbero stati percepiti fondi pubblici poi transitati nelle casse del clan dei CASALESI grazie all’intermediazione della professionista indagata e di alcuni dipendenti fidati anche loro sottoposti a investigazione.

Per quanto concerne il territorio di Marcianise e Maddaloni gli attuali assetti criminali vedono sopita la storica contrapposizione tra le due opposte fazioni dei BELFORTE alias “Mazzacane” di estrazione cutoliana e del gruppo PICCOLO (“Quaqquaroni”) collegati invece alla Nuova Famiglia.

Sotto il controllo dei gruppi maddalonesi rientrano anche i comuni di Santa Maria a Vico, Arienzo e San Felice a Cancello.

Il 23 febbraio 2022 la DIA, la Polizia di Stato e la Guardia di finanza hanno eseguito un decreto di sequestro beni e di sottoposizione all’amministrazione giudiziaria di aziende emesso dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere su proposta del Direttore della DIA e del Questore di Caserta con la collaborazione della Guardia di finanza a carico nei confronti di due fratelli imprenditori operanti nei settori del cemento e della ristorazione nel casertano.

La contiguità dei destinatari della misura ablativa all’organizzazione camorristica denominata clan BELFORTE era emersa nell’ambito di una inchiesta giudiziaria definita processualmente per uno dei due con sentenza di condanna divenuta irrevocabile nel 2018.

In particolare anche grazie alle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia l’indagine aveva documentato una strutturata modalità di riscossione del “pizzo” mediante sovrafatturazione degli importi dovuti alle società riconducibili agli indagati.

Il provvedimento ha riguardato beni per un valore complessivo di circa 30 milioni di euro comprendenti società e immobili ubicati nelle province di Caserta, Benevento, Salerno, L’Aquila e Parma, nonché numerosi rapporti finanziari e beni mobili registrati. Nell’area operano peraltro anche gli esponenti del clan MASSARO che seppure indebolito dalla detenzione e dalla collaborazione dei suoi capi storici resta attivo in particolare nel mercato degli stupefacenti.

Nell’agro Caleno i clan PAPA e LIGATO nonostante la pressante azione di contrasto giudiziario svolgono ancora un penetrante controllo del territorio giungendo ad influenzare alcune aree limitrofe del basso Lazio con ramificazioni anche in altre regioni italiane. Il gruppo è attivo prevalentemente nel settore delle estorsioni soprattutto in danno di imprenditori ed operatori economici locali ma opera anche nel traffico di armi e stupefacenti e nel riciclaggio attraverso attività economiche apparentemente lecite tra le quali supermercati, imprese edili e ricettive.

Il territorio di Sessa Aurunca e Mondragone è controllato dal sodalizio GAGLIARDI-FRAGNOLI-PAGLIUCA eredi della famiglia LA TORRE e legati ai BIDOGNETTI. Il gruppo ha subito numerosi colpi a seguito di recenti operazioni di polizia che ne hanno ulteriormente indebolito gli assetti.

Nella zona di Castel Volturno si conferma la presenza di gruppi di migranti in condizione di clandestinità provenienti specialmente dall’Africa Occidentale che nel semestre in esame hanno fatto registrare un aumento di episodi violenti e una certa effervescenza criminale.

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