Bernardino Palladino, fabbricante di mattonelle a Casagiove

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Premessa
Casagiove, come è possibile appurare da un precedente saggio (si rimanda a: Antonio Casertano, La rivoluzione industriale a Casagiove tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, ViviCampania 2021), nel corso della seconda metà dell’Ottocento, compresi i primi anni del Novecento, si presentava un centro alquanto vivace, economicamente quanto umanamente. Diverse, infatti, erano le produzioni: la calce, la seta e, prodotti culinari come la farina, la pasta e l’olio. Certamente, però, una delle produzioni di non meno conto era quelle delle mattonelle, la cui fabbricazione risaliva già al Settecento, quando cioè, i meglio noti “riggiolari” lavorarono, insieme ad una moltitudine di operai, alla costruzione del Real Palazzo di Caserta, perla architettonica di Luigi Vanvitelli. Tanti mestieri, purtroppo, col passare del tempo sono svaniti, ma, provvidenzialmente, ne sono rimasti almeno i ricordi. Spesso abbiamo sentito parlare di personaggi che diedero lustro a Casagiove, come i Pepe proprietari del celebrerrimo pastificio, Carlo Dumontet e i Fratelli Messina proprietari della filanda serica, ma sicuramente, non di Bernardino Palladino, il quale, sicuramente, ebbe un posto di rilievo come “mattonaio”.

 

I. Una fabbrica di mattonelle lungo la via Appia
Bernardino Palladino possedeva a Casagiove, sin dal 1890, una fabbrica per la lavorazione delle mattonelle in cemento “a pressione ordinaria e a pressione idraulica”. Lo stabilmento era ubicato, da quanto si eveince, in una traversa della via Nazionale Appia. Le mattonele che ivi si producevano servivano principalmente per la pavimentazione delle chiese, delle scuole, delle caserme, dei magazzini, degli ospedali ed anche delle case. Si trattava, in linea generale, di pavimenti “solidi, eleganti, igienici e relativamente economici”. Erano ritenuti solidi perchè “non si altera(va)no con l’uso”, eleganti “per la molteciplità dei disegni, nitidezza e vivacità di colori” che si potevano ottenere, igienici perché non assorbivano l’umidità del sottosuolo e non attiravano la polvere, economici perché “costa(va)no poco più di quelli in terra cotta”. Erano essenzilamente quattro i tipi di mattonele che Palladino produceva; quelle “unicolori a compressione ordinaria”, le “unicolori a pressione idraulica”, le mattonelle “a intarsio” e la serie di “pietrini”. In particolare, i pietrini, per la loro durezza e per “un bel colore grigio”, potevano sostiutirsi alle pietre naturali ed erano consigliati per la pavimentazione dei marciapiedi, dei piazzali di stazioni, degli androni, dei cortili e dei porticati.

 

II. La messa in opera delle mattonelle
L’ impreditore Bernardino Palladino spiegava, in maniera attenta il modo in cui si dovesse comporre la pavimentazione. Innanzi tutto, il fondo sul quale dovevano posarsi le mattonelle doveva essere solido, mentre, la malta che serviva da collante doveva essere “di ottima qualità” e, meglio ancora, se poi mischiata col cemento “a lenta presa”. E’ ovvio, poi che, nel corso della posa in opera le mattonele dovevano conservarsi pulite. Quindici giorni dopo, invece, una volta terminato il posizionamento delle mattonelle, era necessario che esse venissero lavate con acqua e sapone, “od anche con della liscivia comune”, affinchè avessero acquistato “durezza e vivacità di colore”. Ma per poter ottenere un pavimento “di maggior elenganza”, avvertiva il Palladino che dopo tre mesi dalla posa, bisognava stendere la cera “a cinque o sei mattonelle per volta”, con uno straccio, per poi essere lucidate “con una pezzuola di lana”.

 

III. Le commissioni, spedizioni e pagamenti
Gli acquirenti, al momento delle commissioni, dovevano fornire l’indirizzo e, in particolare, “la indicazione della stazione ferroviaria destinataria”. Era, inoltre, consigliato, diceva il Palladino, “una quantità relativamente superiore dello strettamente necessario allo scopo di sopperire alle possibili rotture nei trasporti ed allo sfrido nello impiego delle mattonelle medesime”. I materiali richiesti, al momento della prenotazione potevano essere inviati al destinatario “siciolti, imballati in casse, o legati con filo di ferro” e, quando essi partivano dal luogo di produzione, venivano consegnati sui vagoni dei convogli merci alla stazione ferroviaria di Caserta. All’epoca, però, anche se la ditta di Bernardo Palladino eseguiva “con le maggiori accuratezze le spedizioni”, tuttavia, la merce viaggiava “a rischio e pericolo del Committente”, al quale spettava fare “le eventuali riserve nell’atto dello svincolo, con relativa domanda d’indennizzo”. La vendita dei materiali, poi, avveniva “per contanti, a pagamento anticipato o contro assegno con un terzo anticipato”.

 

IV. Le certificazioni rilasciate alla fabbrica di mattonele
Il lavoro di Bernardino Palladino, certamente, non passo inosservato a coloro che in quel periodo rappresentavano il campo dell’edilizia a Caserta e nel circondario. Ben dieci furono, infatti, i certificati rilasciati al Palladino, “comprovanti la buona qualità delle mattonelle”. Questi vennero rilasciati da dieci ingegneri che vale la pena elencare:

– Ingegner Francesco Morante, capo dell’Ufficio Tecnico di Finanza in Caserta
– Ingegnere Architetto Luigi Fabricat, Caserta
– Ingegner Giuseppe Fuortes, professore all’Istituto Tecnico in Caserta
– Ingegner Professore Vittore Gattoni, Caserta
– Ingegner Gaetano De Lillo, Caserta
– Ingegner Guglielmo Monticelli, Caserta
– Ingegner Vincenzo Martucci, Caserta
– Ingegner Emilio Santillo, Santa Maria Capua Vetere
– Ingegner Raffaele Della Valle, Santa Maria Capua Vetere
– Ingegner Nicola Parisi, Santa Maria Capua Vetere.

 

Fonti

  • Archivio Privato di Antonio Casertano
  • Antonio Casertano, La rivoluzione industriale a Casagiove tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, ViviCampania 2021.

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