Cronaca casagiovese tra fine Ottocento e inizi Novecento

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Premessa

I quotidiani a stampa, contrariamente a quanto si pensi, sono una fonte inesauribile di notizie che, attinte qua e la ci danno una panoramica, seppur generale, di fatti e avvenimenti accaduti nel tempo e in un determinato luogo. E’ anche il caso di Casagiove, dalle cui pagine di diversi quotidiani della fine dell’Ottocento e degli inizi del Novecento sono trapelate non poche notizie sulla vita civile, religiosa e quotidiana. Per quanto riguarda le notizie contenute nel presente scritto che, ancora una volta, rimette al proprio posto i tasselli di storia locale inedita, si rivolge un doveroso ringraziamento allo studioso, nonché diacono permanente, don Romolo Gentile, per la segnalazione delle notizie giornalistiche.

L’immagine di copertina (collezione privata di Antonio Casertano) raffigura una veduta di Casagiove del 1902.

 

I. Lite per il gioco d’azzardo
In genere, nei caffè (attuali bar), così come nelle bettole, oltre a consumare bevande e prodotti culinari, si passava il tempo chiacchierando oppure giocando d’azzardo. Nell’aprile 1897, nel caffè di una certa Filomena (alias La Rossa), Enrico Cotugno “per quistioni sorte nel giuoco”, percosse con pugni tal Ferdinando Pinto procurandogli lievi lesioni. Il Pinto, giustamente, pensò bene di querelare il Cotugno, ma “a mezzo di degnissime persone” si ottenne la desistenza.

 

II. Commenti fuori luogo dei soldati
La presenza di soldati a Casagiove stanziati nella Caserma Militare (ex Quariere Militare Borbonico), oltre a portare benessere economico alla cittadina, purtroppo, portava anche il suo lato negativo. Specialmente durante le ore di svago, i soldati amavano intrattenersi nei caffè e nelle bettole, il più delle volte alzando il gomito. Non solo, essi preferivano anche intrattenersi con belle donzelle, talvolta dai facili costumi. A maggio del 1897 veniva segnalato un ulteriore poco lodevole atteggiamento assunto dai soldati che, quando vedevano passare le fanciulle “ritornanti dalla campagna” dopo una lunga giornata faticosa, e costrette a passare dal lato del quartiere prospiciente sulla strada, sentivano pronunciare dai famigerati soldati “parolette stuzzicanti” ad esse rivolte.

 

III. Feste popolari a Casagiove
A Casagiove, ed in modo particolare nella parrocchia di Santa Maria della Vittoria di Coccagna era sentito il culto per Sant’Antimo prete e martire, patrono, come è noto, della vicina cittadina di Recale. Non a caso, fino a non troppi anni orsono, nella chiesa di Coccagna, si poteva ammirare la scultura lignea di Sant’Antimo. I festeggiamenti in onore del Santo prete e martire, si tennero nella metà del mese di giugno del 1898, riuscendo, a quanto pare, “ottimamente, sia pel concorso di gente che per lo svolgimento del programma completo e indovinato”. Ad allietare la festa c’era, ovviamente, la Banda musicale municipale di Casagiove (da non confondere con l’attuale Complesso Bandistico fondato nel 1988) e “discreti” fuochi pirotecnici. Anche la rappresentazione sul palco scenico della tragedia di Sant’Antimo “riuscì benissimo”. Una festa che ancora oggi resiste ai cambiamenti sociali è quella dedicata a Sant’Antonio di Padova. In passato, a dare maggiore forza a questa festa popolare erano senz’altro due fattori: la presenza attiva e fattiva dell’Arciconfraternita di Sant’Antonio di Padova, la devozione davvero sentita da parte dei devoti del Santo. Ad ogni modo, domenica 26 giugno 1898 si solennizzò “con gran pompa” la festa del Grande Taumaturgo di Padova, attraverso una “splendida illuminazione e bei fuochi d’artificio”, mentre, la processione in suo onore “è(ra) riuscita imponentissima per l’intervento delle confraternite di Caserta”.

 

IV. Il sindaco Carlo De Lillo
Il farmacista Carlo De Lillo ricoprì la carica di sindaco di Casagiove dal 1897 al 1898, senza poter completare, a causa della morte, il suo mandato. Tuttavia a settembre 1897 si segnalava un comportamento poco professionale sul conto del sindaco De Lillo, in quanto “negò un certificato di buona condotta” al signor Pasquale Antonio Santoro, noto proprietario di Casagiove. Il signor Santoro, però, non contento del rifiuto fattogli, e minacciando pure di rivolgersi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, chiese nuovamente il certificato in parola al sindaco di Casagiove, il quale però, “credendosi, secondo lui, anche superiore all’Ill.mo Sig. Procuratore del Re”, negò “severamente” il certificato, usando la scusa “che pendeva un giudizio a carico del Santoro”. Il Procuratore del Re, però, rimise gli atti nelle mani del Pretore di Santa Maria, il quale “guidato da retti sentimenti di giustizia”, tramite una sua ordinanza rivolta al sindaco De Lillo scrisse di rilasciare il certificato di condotta al signor Santoro e che lo stesso si fosse fatto firmare all’assessore anziano.

 

V. Questioni di precedenza tra due Confraternite casagiovesi
Verso la fine del mese di giugno 1898, il sindaco di Casagiove cavalier Antonio Pepe inviava al parroco della chiesa di San Michele Arcangelo, don Angelo Conforti, una lettera nella quale invitava il parroco ad “interporre i suoi autorevoli uffici” verso i confratelli dell’Arciconfraternita di San Michele Arcangelo, affinchè questi ultimi non avessero arrecato disturbo ai confratelli della Confraternita di Sant’Antonio di Padova, nel corso della cerimonia religiosa che avrebbe avuto luogo l’ultima domenica di giugno (si trattava della processione in onore di sant’Antonio di Padova). Pertanto, il sindaco Pepe avvertiva il parroco Conforti che, qualora i confratelli di San Michele Arcangelo avessero provocati disordini “ed a creare turbolenze”, il sindaco si riservava la facoltà di adottare “severe misure di Pubblica Sicurezza”, addirittura “col chiudere definitivamente la Cappella (chiesa di San Vincenzo dé Paoli) col ritiro delle rispettive chiavi”. Probabilmente, però, questo accanimento del sindaco Antonio Pepe verso la Congrega di San Michele Arcangelo era dovuto per lo più “ad una vendetta puramente personale”, perché alcuni iscritti al Pio Sodalizio stanchi ormai degli abusi attuati dal cavalier “pastaio” Pepe, si decisero a fargli perdere la presidenza della Società Operaia.

 

VI. Un orribile fatto di sangue
Alla fine del gennaio 1909, un orribile fatto di sangue si svolse a Casagiove, presso la casa del dottor Tescione sita in via Foraro. Accadde, infatti, che il ventenne Pietro Mino incontratosi col suo coetaneo Domenico Valentino, “quistionò con questi a causa di donne”. Pertanto, il Valentino tirò al Mino un pugno che lo stese a terra. Il Mino, quindi, per fargliela pagare corse a casa e, una volta armatosi di trincetto (taglierino), si recò incontro al Valentino. Giunto sul posto, Pietro Mino inferse due colpi a Domenico Valentino, “uno all’addome ed un altro al collo recidendogli la vena”. Avvertite immediatamente le Guardie Campestri, il Mino venne tempestivamente arrestato, mentre, il Valentino “che perdeva sangue a fiotti” fu subito trasportato al corpo delle Guardie Campestri ove fu medicato, anche se, a quanto pare, il suo stato appariva gravissimo.

 

Fonti
Biblioteca del Museo Provinciale Campano di Capua – Periodici (i numeri di seguito elencati seguono la cronologia dei racconti all’interno del saggio).

I: Il Corriere. Rivista della Provincia di Caserta, Domenica 18 aprile 1897.
II: Il Corriere. Rivista settimanale della Provincia di Caserta, Domenica 23 maggio 1897.
III: Il Cronista di Terra di Lavoro, Caserta 19 giugno 1898 – Caserta 29 giugno 1898.
IV: Il Corriere. Rivista settimanale della Provincia di Caserta, Domenica 5 settembre 1897.
V: Il Cronista di Terra di Lavoro, Caserta 29 giugno 1898.
VI: Corriere della Campania. Periodico settimanale, letterario, giudiziario, commerciale, Cassino 4 febbraio 1909.

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