Traffici illeciti dei rifiuti, allarme della magistratura al Forum Internazionale Polieco
“Ragionare di traffici illeciti di rifiuti – ha detto Antonello Ardituro, sostituto procuratore alla Direzione Nazionale Antimafia intervenuto al Forum internazionale sull’ ambiente Polieco in corso a Napoli- vuol dire ragionare di interventi normativi, di risorse adeguate e di autonomia di indagine. Pensare di modificare l’assetto costituzionale per arginare l’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero vuol dire minare il lavoro stesso delle indagini. Fino a questo momento il pm poteva avviare un’indagine. E qui nasce anche il problema delle risorse che sono notoriamente in sottorganico”.
“E’ insomma indubbio che per certi versi abbiamo le armi spuntate e la situazione diventa più seria se pensiamo alla limitazione dell’uso delle intercettazioni e all’approccio investigativo decisamente troppo tradizionale rispetto invece alla velocità della criminalità organizzata. Sarebbe sicuramente più utile, prevedere l’impiego dell’intelligenza artificiale per gestire la mole di dati d’indagine, specie per il traffico transnazionale. Le mafie viaggiano ad un ritmo differente e allora è necessario recuperare il ritardo”, ha aggiunto Ardituro, nel panel dedicato agli ecoreati.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari, Roberto Rossi.
“Sembra brutale dirlo ma se alle Procure viene chiesto di dare priorità al Codice Rosso e non in egual misura ai reati ambientali vuol dire sottovalutare di gran lunga ancora una volta la questione che riguarda in effetti il diritto alla salute. E se alle indagini per ecoreati non riusciamo a dare adeguate risorse di polizia giudiziaria, siamo destinati a ripetere una storia infinita”.
“Ci sono – ha spiegato Rossi- meccanismi che si ripetono, pensiamo alla storia dei traffici illeciti: negli anni precedenti attraverso la manipolazione dei codici si sono nascosti rifiuti e materiali per poi mandarli in Cina, fino a che i cinesi non hanno deciso di bloccarne l’importazione. Una decisione che avrebbe potuto imporci di trovare una soluzione ed invece abbiamo semplicemente atteso che venissero trovate altre rotte che ora sono la Grecia, la Macedonia e la Turchia”.