Operazione “Cash flow”: confiscati beni per oltre 25 milioni a imprenditore

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In data odierna, il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Caserta sta coordinando l’esecuzione di un decreto di confisca con il quale la Suprema Corte di Cassazione, confermando le decisioni a suo tempo assunte dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sezione Misure di Prevenzione e, successivamente, avallate dalla Corte d’Appello di Napoli ha disposto l’apprensione definitiva a favore dello Stato di beni immobili, mobili registrati e di quote societarie per un valore complessivo di oltre 25.000.000 di euro nei confronti di un imprenditore casertano, operante nei settori sanitario, editoriale, delle telecomunicazioni e immobiliare.

Il provvedimento costituisce l’epilogo di mirati accertamenti economico-patrimoniali, posti in essere dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Caserta, su delega del citato Ufficio Giudiziario, finalizzati alla ricostruzione del profilo di pericolosità sociale dell’imprenditore e all’individuazione dei proventi illeciti che gli hanno permesso un ingiustificato arricchimento personale e l’accumulazione – nel tempo – di un ingente patrimonio incongruente con i redditi dichiarati.

A seguito dei suddetti accertamenti, l’imprenditore aveva subito l’applicazione di una misura di prevenzione a carattere personale, essendo stato riconosciuto come un soggetto socialmente pericoloso sul piano “economico-finanziario” alla luce del suo coinvolgimento, nel periodo 2005-2017, in molteplici vicende giudiziarie concernenti, in particolare, numerosi e diversi delitti a sfondo patrimoniale, quali truffe aggravate per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio, appropriazione indebita e delitti tributari per evasione fiscale ed utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Al fine, quindi, di disvelare l’origine del rilevante patrimonio dell’imprenditore e del suo nucleo familiare è stata acquisita copiosa documentazione, tra cui i contratti di compravendita dei beni e delle quote societarie nonché numerosi altri atti pubblici che hanno interessato nel tempo l’intero nucleo familiare investigato, verificando poi, per ogni transazione, le connesse movimentazioni finanziarie sottostanti alla creazione della necessaria provvista economica. Il materiale così raccolto è stato oggetto di circostanziati approfondimenti, anche bancari, che hanno consentito di accertare un’ingiustificata discordanza tra il reddito dichiarato e le disponibilità finanziarie invece utilizzate per le acquisizioni patrimoniali, oltre all’utilizzo strumentale delle società allo stesso riconducibili per mascherare la titolarità del suo ingente patrimonio immobiliare e per drenare liquidità attraverso fittizie operazioni di “restituzione finanziamenti”.

Sulla base di tali evidenze, nel mese di febbraio 2018 la Seconda Sezione Penale – Collegio D del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva già disposto il sequestro, in vista della successiva confisca, delle quote societarie e relativi complessi aziendali di n. 3 imprese (tra cui un noto studio odontotecnico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, un gruppo editoriale attivo nelle telecomunicazioni e una immobiliare), n. 93 immobili (ubicati in Campania, Lazio, Abruzzo e Svizzera, tra cui rientrano anche ville private situate in note località turistiche), n. 8 autoveicoli nonché delle disponibilità finanziarie presenti su n. 22 rapporti bancari (conti correnti, conti di deposito e altri investimenti finanziari), per un valore stimato pari a oltre 25 milioni di euro.

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