L’Ospedale di Casanova (Quartiere Borbonico) descritto nella Platea di Antonio Sancio del 1826

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Introduzione

Nel XVIII secolo e più precisamente sotto la dinastia borbonica, l’allora casale di Casanova, era stato protagonista di un’opera socialmente utile, legata al ricovero degli ammalati. Questo fatto, senza alcun dubbio, deve farci riflettere su come, in effetti, poteva ritenersi “pietoso e caritatevole” l’animo di un sovrano assoluto, pensando, tra le tante cose, anche alla cura ed al benessere degli ammalati, molti dei quali operai presso il cantiere del Real Palazzo di Caserta. Tanti uomini, tante storie, sono passati lungo i corridoi del grande edificio, persino gli uomini di credo musulmano, i quali, catturati per mare, venivano schiavizzati e condotti ai lavori forzati, e se non convertiti al credo Cristiano, venivano “emarginati”. Degli schiavi ne sapeva qualcosa il parroco della Chiesa di Santa Croce dell’epoca, don Bonaventura Centore, il quale appuntava nei libri dei Battezzati, i nomi Arabi di questi individui, convertiti poi in nomi della tradizione cristiano – cattolica. Se oggi, sia il re che il redattore della Platea in questione, Antonio Sancio, osservassero lo stato “pietoso” in cui riversa parte del “Quartiere borbonico”, di sicuro ci porterebbero alla “forca”. Il deteriorarsi della struttura, giorno dopo giorno, simboleggia non solo l’ignoranza di un popolo, ma pure lo scomparire pian piano, del nostro passato.

I. Chi era Antonio Sancio?

Pugliese di Nascita, Antonio Sancio ricoprì importanti ruoli presso la corte borbonica: Amministratore del Real Sito di San Leucio, nonché della Reggia di Caserta, venne nominato Intendente della Provincia di Napoli, carica che ricoprì fino alla sua dipartita avvenuta nel 1845. Egli, fu inoltre Amministratore economico del Real Albergo dei Poveri in Napoli.

 

II. L’Ospedale di Casanova (Caserma Borbonica)

Al 1826, l’Ospedale di Casanova non figurava più tra gli Stabilimenti che dipendevano dalla Reale Amministrazione, ma, tuttavia, per il redattore della Platea, Antonio Sancio, era opportuno farne menzione. Considerando “il pietoso animo” di Sua Maestà re Ferdinando IV di Borbone, monarca assoluto del Regno delle Due Sicilie, Il nosocomio era stato edificato per “la massa di tante genti di differente clima, e di differenti mestieri, riunita per li lavori delle Nuove Reali Delizie” e che appunto “era soggetta a delle malattie”. Si ordinò, quindi, “che si stabilisse un’Ospedale nel Casale nominato di Casanova, nel quale dovessero essere trattati i soldati di guarnigione gli Schiavi battezzati, e gli operai, con una sala separata per gli Schiavi Maomettani”. Per poter eseguire “questo Saggio e pio Real Ordine”, riguardante appunto, la costruzione dell’edificio, vennero acquistati “due edifici di case”. Attraverso l’ atto testamentario del 6 settembre 1754, stipulato presso il notaio Vito Pezzella, il quale praticava la sua attività forense a Caserta, venne acquistato da Carlantonio Margarita e Medea Martucci, entrambe di Casanova, per la somma di “Ducati Seicentosessantasei, grana Novantanove e mezzo”, un edificio di Case, “consistenti in un portico a lamia, stalla anche a lamia coverta, un altro Basso a travi, tre camere superiori situate sopra detti bassi e un detto Portico, stallone grande coverto anche a tetti a due penne, altro piccolo basso ad uso di pollaro; giardino fruttiferato murato, cortile col pozzo, forno, aja, ferriata, ed altre comodità”. Come detto, il gruppo di edifici acquistati erano situati “nell’enunciato Casale di Casanova di Capua nell’ ottina della Parrocchiale Chiesa di S. Croce”. Gli edifici confinavano “colla strada pubblica da settentrione, colli beni dè Signori di Fajenza da mezzo giorno, colli beni degli eredi del Canonico D. Prisco Santoro, del Magnifico D. Giacomantonio Galise da Oriente; e coi beni di D. Pietro Natale da Occidente”. Le esigenze legate allo spazio per l’edificazione del nosocomio, portò il monarca, ad acquistare “un altro Edificio di proprietà di D. Antonio Santoro di Capua, Erede del canonico D. Prisco Santoro, composto di tre camere superiori e tre inferiori con una piccola Cucina, scala di fabbrica, portico, cortile, pozzo, ed altre comodità”. Quest’ultimo edificio era anch’esso “confinante colla strada pubblica da Settentrione, coi beni del Magnifico Galise da mezzogiorno ed Oriente, col sopradetto Comprensorio di Carlantonio Margarita da Occidente, ed altri”. L’edificio di proprietà dell’erede Santoro, venne acquistato per la somma di “Ducati quattrocento quarantanove, e grana cinquantotto”. In entrambi gli atti di compravendita “furono misurati i suoli e si trovarono della capacità di passi venti, e passitelli venticinque e quindi sullo stesso si fecero molte fabbriche nuove, altre si adattarono; di maniera che fu eretto un’Ospedale regolare colle corrispondenti officine, cioè vi furono costruite due Corsie per gli ammalati Cattolici, e si assegnarono due camere separate pei Schiavi Maomettani”. Scriveva inoltre il Sancio che, “Alla testa delle dette due Corsie eravi la Cappella”, attraverso la quale, i malati avessero comodamente ascoltata la Santa Messa. All’interno dell’edificio ospedaliero, vi si stabilirono pure “le stanze pel Controloro, per gl’impiegati, pel Servizio Sanitario, pei Magazzini, Cucina, e Dispensa”. Al termine della sua descrizione, concludeva Antonio Sancio dicendo che l’Ospedale, “dopo la formazione della Reggia e delle Reali Delizie, fu chiuso, e coll’andar del tempo il fabbricato andò deteriorando in modo, che riusciva oneroso di tenerlo”. Quindi, “in tempo dell’occupazione Militare” (Decennio Francese 1806 – 1815), attraverso la decisione del 29 giugno 1813, “fu dato all’Ospedale civile di Santa Maria”.

Bibliografia e Fonti

Alberto Zaza D’Aulisio (a cura di), Caserta e le sue strade, Caserta 2003.

Archivio Storico della Reggia di Caserta, Platea dè fondi, beni e rendite, che costituiscono l’Amministrazione del Real Sito di Caserta, anno 1826 (pagg. 675 a 677). 

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