La festa popolare in onore di Sant’Antonio di Padova a Casagiove nel 1940

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Una premessa doverosa

Il presente saggio storico va, senza alcun dubbio, a colmare un vuoto di conoscenza, riguardante il culto e la venerazione verso il glorioso Sant’Antonio di Padova, a cui, il popolo casagiovese ha sempre dimostrato un particolare affetto. I burrascosi anni che, gettarono nuovamente nell’oscurità l’Europa con lo scoppio del Secondo Conflitto Mondiale (1939 – 1945) e che, vide protagonista pure l’Italia, guidata in quel periodo storico dal duce, Benito Mussolini, non spense nei cuori dei fedeli, la Fede in Cristo e la devozione verso la Vergine Maria e i Santi. Anche Casagiove, non fu risparmiata dalla voglia di patriottismo che purtroppo, provocò non poche vittime a tal proposito. E’ opportuno precisare che, molti uomini che partirono per prendere parte alla guerra, pregarono sant’Antonio di Padova, chiedendo la sua potente intercessione, affinché fossero tornati a casa sani e salvi e per poter riabbracciare i propri cari. In questi burrascosi anni di belligeranza, chi si trovò a governare la Diocesi di Caserta, fu il torinese dell’Ordine Domenicano, frà Natale Gabriele Moriondo, il quale, una volta insediatosi sulla cattedrale episcopale casertana (che governò dal 1922 al 1943), cercò, anche con toni duri, di riportare le forme di pietà popolare, a occasioni di vera e propria evangelizzazione. Non fu un caso se già a partire dagli inizi del XX secolo, Sua Santità papa San Pio X inviò nel Meridione d’Italia, vescovi provenienti dal Settentrione proprio per “cercar di portare rimedio” alle forme di religiosità popolare che si andavano manifestando in ogni regione del Sud, talvolta sfociando in troppo fanatismo e devozionismo. Anche nella Diocesi di Caserta, al tempo del vescovo Moriondo, si registrarono episodi di fin troppo fanatismo, tanto da obbligare il presule stesso nello sciogliere alcuni comitati festeggiamenti presenti in Diocesi. Non a caso il vescovo Moriondo, attraverso le pagine del “Bollettino Ufficiale della Diocesi di Caserta”, rendeva note parecchie situazioni di vero e proprio degrado, specialmente in occasione di processioni che vedevano la incessante richiesta di denaro da parte dei cosiddetti “mast è fest”, molti dei quali non proprio degni di ricoprire tale ruolo, perché capitava purtroppo che durante la processione non facevano altro che “urlare dal delirio e per di più bestemmiare”. Provvidenzialmente, la festa popolare in onore di Sant’Antonio di Padova a Casagiove, almeno dalla lettura dei documenti fino ad ora esaminati, non ha avuto problemi dovuti all’ “andamento” e alla “moralità” della manifestazione, ma, coloro che organizzavano la festa hanno sempre cercato di camminare sotto le direttive ecclesiastiche, aiutati dalla cooperazione dei loro parroci e padri spirituali.

L’organizzazione dei festeggiamenti e gli impegni assunti dal comitato nel 1940

Alcuni uomini, “invitati e convocati” dall’allora Priore dell’Arciconfraternita di Sant’Antonio di Padova e “col consenso” del Padre Spirituale, si costituirono “in Commissione per la Festa di S. Antonio di Padova da celebrarsi nel mese di giugno 1940”. Una volta formata la Commissione per i festeggiamenti, i membri assunsero degli impegni ben precisi che, in qualche modo, avrebbero garantita la buona riuscita della festa popolare. Occorreva innanzitutto nominare “in mezzo a loro” un Presidente, un Segretario e un Cassiere. Il Presidente sarebbe stato “responsabile dell’intera Commissione” anche se tutti i membri sarebbero stati “solidarmente responsabili delle operazioni riguardanti il loro compito”. Bisognava poi mantenere una certa prudenza nell’ intraprendere decisioni che fossero andate “in contrasto con le leggi e le disposizioni della Chiesa e dello Stato”. All’epoca infatti, le autorizzazioni per l’esecuzione di feste patronali, dovevano essere concesse non soltanto dall’Autorità Ecclesiastica, ma pure dall’Autorità Civile, rappresentata in quel periodo dal Podestà Reggente di Caserta, Pasquale Centore, in virtù del fatto che durante il Ventennio Fascista, Casagiove, venne accorpata alla città di Caserta, declassandola in questo modo a frazione. Ma ritorniamo a noi. Come già reso noto, la formazione del Comitato Festeggiamenti “Sant’Antonio di Padova” era scelta dal Priore della Congrega di Sant’Antonio di Padova, con il quale, i membri del Comitato dovevano tenersi “in continuo contatto e informandolo dell’andamento delle operazioni e delle iniziative”. Automaticamente, poi, il Priore ne informava il Padre Spirituale. Nulla doveva essere tralasciato “per la migliore riuscita della festa” e, a tale scopo, dovevano tenersi “adunanze generali”, le quali a distanza di almeno un mese dalla festa, sarebbero state “più frequenti”. Durante l’episcopato casertano di monsignor Natale Gabriele Moriondo, il clero aveva cercato di tenere gli occhi aperti sulla scelta dei cosiddetti “concertini”, molti dei quali lontani dall’ etica religiosa e dalla moralità, tanto da portare gli stessi prelati nel denunciare pubblicamente quelle scelte prese dai Comitati che, in molti casi, andavano contro le direttive ecclesiastiche. A tal proposito il Comitato festeggiamenti aveva deciso di “escludere assolutamente, dal programma della festa, il concerto vocale e il cinema, né permettere che, a mezzo di altri” si fossero svolti “sia pure a distanza dalla festa”. Delle “funzioni di Chiesa”, il Comitato non doveva assolutamente interessarsi, perché “completamente dirette dall’Arciconfraternita”. Per questo, infatti, la Commissione nulla avrebbe elargito alla Congrega e nulla avrebbe preteso da essa, perché la stessa Commissione avrebbe introitato il ricavato “delle cassette e ogni raccolta”. Il Comitato Festeggiamenti si impegnava a preparare un programma dei festeggiamenti “secondo le tradizioni del paese” e per ogni eventuale novità, avrebbe chiesto il parere della Congrega. Una cosa del tutto strana era l’esclusione nel programma della “gara” delle bande musicali, la quale “arreca(va) inutile spreco di fondi e dà(va) noia al pubblico con pericolo di dissapori che la carità cristiana riprova(va)”. Il programma completo andava presentato “almeno 15 giorni prima della festa” alla Curia Vescovile, indifferentemente se si fosse voluto stampare o meno. Un tasto dolente nel corso delle feste patronali, era per il Vescovado di Caserta, l’esecuzione delle processioni. Nella diocesi di Caserta, la processione più “chiassosa” e lontana da certi dettami, era stata sempre quella in onore di Sant’Anna a Caserta centro. Dopo le dure repliche da parte del vescovo Moriondo, il Comitato casagiovese aveva perciò deciso di “dirigere la processione secondo le prescrizioni della Curia Vescovile ed evitare di oltrepassare, in qualunque modo, la casa rurale Sibillo verso Caserta e la casa rurale Palladino verso S. Maria C. V. e non trasportare l’Immagine nei palazzi o nei vicoli”. Passati dieci giorni dalla festa, bisognava “rendere esatto conto dell’attivo e del passivo, e con pezzi di appoggio, alla Congrega e curarne la pubblicazione”. Prevedendo anche problemi economici, era opportuno “preferire al pericolo di un deficit l’eventualità di un avanzo, da consegnare naturalmente alla Congrega”, la quale avrebbe conservata tale somma di denaro “per la festa successiva”. Ma, in caso di deficit di bilancio bisognava “rimettere in solido e se proprio la somma mancante”. Maldicenze correvano spesso tra i fedeli che avevano versato una somma di denaro a vantaggio dei festeggiamenti, perché era opportuno evitare tra i membri del comitato “i profondi dissensi”, escludendo tutto ciò che abbia dato ai fedeli l’impressione che i componenti del Comitato non avessero “agito per divozione verso il gran Santo, ma unicamente per soddisfazione personale”.

Bibliografia e fonti

  • Olindo Isernia, L’episcopato di Natale Gabriele Moriondo (1922 – 1943): attraverso il Bollettino Ufficiale della Diocesi di Caserta, Caserta 2004.
  • Archivio Storico Diocesano di Caserta: I.07.10.45. Fascicolo 725. Confraternite. Carteggio (1938 – 1942), Busta 9 “Arciconfraternita di S. Antonio di Padova” – Casagiove.

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