Pittura Zen a Caserta: 25 maggio workshop dell’artista Filippo Manassero

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SAN PRISCO. La pittura zen approda in provincia di Caserta. Nella giornata di sabato 25 maggio 2019, a partire dalle ore 10:00, presso l’istituto alberghiero “Artusi” in via Europa, a San Prisco, avrà luogo un workshop incentrato sulla forma artistica ereditata dalla cultura giapponese ed anticamente praticata da monaci buddhisti e samurai col fine di sviluppare concentrazione e consapevolezza di sé (Official Event https://www.facebook.com/events/571373183373367/). Una tecnica semplice ed adatta a tutti, promossa dall’artista Filippo Manassero. 

VITA DI ARTISTA – Filippo Manassero è nato a Torino il 23 aprile del 1969 ed opera in campo artistico dal 1988. Nel 1992 decide di costituire una società operante delle decorazioni artistiche, trompe l’oeil e restauri che, attualmente, è ancora operativa. L’attività svolta lo porta a sperimentarsi nella progettazione di decorazioni d’interni attraverso la realizzazione di trompe l’oeil e decorazioni artistiche appositamente studiate di volta in volta, a seconda degli ambienti e del loro utilizzo. Nasce, nello stesso momento, anche il confronto con le tecniche del passato attraverso il restauro di decorazioni e tele. Dopo oltre vent’anni di attività, Manassero decide di iniziare un percorso più personale. Da qui l’idea dei “Ritagli”, una ricerca nella tecnica della copia d’autore che ha come obiettivo quello di creare inedite suggestioni. Nel 1999 l’artista di origini piemontesi ha condotto, per opera dello CSEA – formazione e servizi per il lavoro, la docenzin corsi formativi specifici patrocinati dal Comune di Torino  e dalla Regione Piemonte. Lavoro confermato l’anno successivo per quanto concerne le tecniche dell’affresco. Nel 2012, Manassero comincia a dedicarsi a opere inedite e nel marzo dell’anno successivo attirerà l’attenzione di appassionati e non, con l’opera “L’urlo di Piero”. Grande successo otterrà grazie a “La Nipote Immocolata”, nel 2013. Dal 2014, Manassero promuove e gestisce con successo in Italia workshop di “Sumi-e”, la pittura tradizionale giapponese ad inchiostro, conosciuta anche come pittura Zen. Nel settembre 2016 Manassero vince il concorso “1st Hmay Art Supply Painting Competition” con l’opera “sumi-e Ibis”; ad ottobre dello stesso anno realizza un’opera di Sumi-e, un Ensō, per il percorso permanente museale del primo museo al mondo dedicato al segno, inaugurato presso lo stabilimento torinese delle “Stilo Aurora”. 

L’INTERVISTA – La giornalista Carla Caputo ha voluto approfondire la personalità di un’artista fortemente ispirato dalla cultura orientale e promoter di uno spazio-tempo che permette l’immersione in una nuova dimensione in cui è possibile giocare e rilassarsi, abbandonando l’ansia da prestazione. Una ricerca dell’essenza dei soggetti che si concretizza in uno stimolo indomabile da riversare nell’arte. 

    Signor Filippo Manassero, da quanto tempo dipinge? Qual è la sua fonte d’ispirazione?

“Dal 1988. Relativamente alla professione di decorazione artistica, traggo ispirazione dall’ambiente dove intervengo, lasciandomi guidare dalle intuizioni che lo spazio architettonico e l’atmosfera della casa mi suggeriscono. Per quanto concerne la pittura, l’ispirazione è sempre un processo in itinere. Ho avuto momenti diversi ed esigenze diverse. Posso dire di non avere un’idea fissa”.

Perché la pittura zen?

“Perché ormai quasi 5 anni fa ho avuto l’occasione di studiarla grazie ad alcuni artisti giapponesi che ho seguito. Sono stato spinto da una mia curiosità verso un’arte che non conoscevo. Le persone che venivano nel mio laboratorio a Torino per corsi diversi, vedendo i miei esercizi, mi chiedevano di poter provare a cimentarsi in quell’arte e, quando mi sono sentito pronto, ho provato a proporre un primo percorso. Grazie ai social mi accorsi, sin da subito, che partecipavano ai miei appuntamenti persone provenienti anche da molto lontano. Ho iniziato a cercare spazi per l’Italia e, da circa tre anni, viaggio molto per gestire i corsi in numerose città della penisola”.

Quali sono le caratteristiche di questa pittura?

“Sono diverse, ma le più importanti non sono tanto tecniche ma piuttosto filosofiche, di approccio. Totalmente opposte alle tecniche artistiche occidentali. Dal punto di vista tecnico, il non poter cancellare o aggiustare un segno sono tra le più distintive”. 

Catarsi: la pittura zen quanto influenza questo aspetto? Oltre la mente e l’anima, la pittura zen quanto coinvolge il fisico?

“La pittura zen é, in qualche modo, una forma di meditazione. Per chi è interessato ai concetti olistici o spirituali, é sicuramente una tecnica che può restituire alla persona interessanti feedback su se stessi, oltre che trasportarla in una dimensione spazio-tempo certamente rilassante e rigenerante”.

La pittura zen segue i dettami dell’omonima filosofia? Quali sono le origini? 

“Le origini sono cinesi. I monaci zen giapponesi, tornando dalla Cina, fecero fiorire in Giappone questa pittura, come anche la calligrafia e molte altre tecniche e pratiche che per noi sono famose icone giapponesi, ma che in realtà hanno tutte origini cinesi, dalla cerimonia del tè in poi, per fare un esempio”. 

Cosa ti spinge a riconoscerti in questo tipo di pittura?

“Sinceramente, io non mi riconosco in questa pittura come in nessun’altra. La pittura zen é uno strumento attraverso il quale ho potuto fare un passo in più nel mio viaggio esistenziale, che, per quel che mi riguarda, vede la pittura e l’arte come veicolo predominante”. 

Perché portarla a Caserta?

“Perché é un territorio nuovo per me e sono intenzionato a raggiungere più città e, di conseguenza, più persone possibili. Credo che l’arte faccia bene a tutti e questa tecnica attira molto, ma che, per imbarazzo o supposta inadeguatezza, non se la sono mai sentite di affrontare un corso di pittura occidentale”. 

Che riscontri ha, di solito, con il pubblico? 

“Ottimi. Sia in termini di partecipazione che dì feedback”. 

 Perché venire all’evento? 

“Perché é un’occasione per mettere a tacere quella voce interiore che cerca sempre di boicottarci dicendoci che non siamo all’altezza di fare arte e che non possiamo osare. Per chi già é attivo/a artisticamente, é un’opportunità per svestirsi delle proprie abitudini mentali e tecniche, che porterà un nuovo valore profondo alla propria produzione”. 

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