Francesco De Gregori canta in “A passo d’uomo”: «Povero cuore, con la mano sul cuore, giuro, che mai non ti vedrò accompagnare il male e voltare la testa». Questo basterebbe a spiegare le ragioni della mia uscita dal Movimento 5 Stelle e le mie dimissioni dal Consiglio comunale. Si parva licet, il daimon, l’ultima istanza della coscienza, mi ha “comandato” imperativamente di essere coerente con valori pre-politici, con l’umanità che è in me. Non avrei mai potuto dormire sereno sapendo che il movimento che ho abitato per quattro anni e rappresentato per due si era alleato con il portabandiera italico dello sciovinismo xenofobo (erede di un disgustoso antimeridionalismo ora annacquato per motivi elettoralistici). Sono stato confortato da autorevoli pareri, come quello di Zagrebelsky: «Dall’insieme [del “Contratto”], emerge uno Stato dal volto spietato verso i deboli e i diversi, dall’autodifesa all’uso del taser, fino alle misure contro l’immigrazione clandestina». Dalla lunga crisi (che i cui massimi responsabili mi paiono Napolitano e Renzi) si esce con una svolta preoccupante.
Ovviamente la decisione non è stata indolore. Mi mancherà il rapporto con Marianna Farese (che sono certo continuerà ad essere un baluardo di legalità a Palazzo Mosti). Mi mancherà la sensazione di rappresentare un’opposizione intransigente alla “vecchia” politica. Mi mancherà la possibilità di capire i problemi cittadini dall’interno e di provare ad ipotizzare soluzioni. Ho imparato tantissimo svolgendo il mio personalissimo “servizio civile”. Ma non ho mai avuto esitazioni.
Perché non rimanere in Consiglio, come molti suggerivano? Anche su questo nessun dubbio: ero portavoce del M5S. Avevo preso impegni. Li ho mantenuti. Chiedo scusa agli ottocento elettori che nel giugno 2016 espressero un voto per me. Sono certo che capiranno e apprezzeranno le ragioni del mio gesto.
Ma come è possibile non aver intuito prima la direzione del M5S, mi hanno detto alcuni? Rispondo loro che mi sento sconfitto non ingenuo. Nel Movimento fino ad ora c’era un po’ di tutto: cose meravigliose e autentiche porcherie, utopisti concreti e piccoli roditori razzisti alla ricerca di poltrone e prebende. Non rinnego niente di questi quattro anni intensi e belli. Ritengo che il M5S abbia svolto una funzione storica importante. La “pars destruens” è stata perfetta. Si è archiviata la Seconda Repubblica. Abbiamo “aperto la scatoletta di tonno”, ma il tonno con le schiacciatine è veramente indigesto… L’esito lepenista-bannoniano, una politica che sarà inevitabilmente intrisa di elementi securitari e xenofobi, non era inevitabile. C’erano altre vie da percorrere, rimanendo coerenti al progetto originario: essere maggioritari in un sistema proporzionale (che è quello sempre auspicato dal M5S: tutti lo dimenticano!).
Ho consapevolezza di una nuova fase della vita repubblicana, non legata tatticamente all’esito del 4 marzo. Insomma, quella tra Lega e M5S è un’alleanza strategica (i cui riferimenti teorici potrebbero essere De Benoist, Tarchi, Veneziani e Fusaro). Per citare Salvini: il popolo contro le élite.. Io resto “populista” (e quindi mi riconosco in una parte corposa del programma del Movimento), ma credo fermamente che esistano vari populismi. Per usare una metafora cinematografica, il M5S è un cavaliere Jedi che sta passando, ascoltando le sirene leghiste, al “Lato Oscuro” della Forza, tradendo la sua missione. Che per me resta una “rivoluzione gentile” senza compromessi e gioiosa. Ha scritto un teologo americano: «Il compromesso non è altro che il sacrificio di una cosa buona o giusta fatto nella speranza di conservarne un’altra; tuttavia troppo spesso si finisce per perderle entrambe». Non mi auguro che accada ma lo temo. Sarò ben felice di aver avuto torto.
Un bilancio del mio operato non tocca a me. Posso solo dire che ho sempre cercato di mettermi in ascolto dei bisogni cittadini, di fare un’opposizione all’Amministrazione che fosse sempre propositiva. Sono contento, in particolare, di andar via quando il Sindaco ha preso impegno a contrastare l’azzardopatia.
In molti chiedono cosa farò ora. Sicuramente riprenderò a fare il docente a tempo pieno, poi mi riposerò tanto perché dal 2016 sono sulle montagne russe, con l’esperienza straordinaria delle Amministrative, quella memorabile del referendum (che ritengo il momento più alto e nobile del mio impegno) e la vittoria alle politiche di marzo, senza mai una pausa per riprender fiato. Poi mi rimetterò a studiare per mappare la “terra incognita” in cui siamo entrati. Poi… si vedrà. Per me la politica è servizio e passione. Non ha a che fare con ruoli e poltrone. Ma necessita di “fede” e “speranza”.
Mi sia consentito, infine, nel congedarmi, ringraziare in primis gli amici che mi sono stati accanto in queste settimane travagliate, poi i cittadini che mi hanno scritto parole spesso bellissime che custodirò gelosamente e tutti coloro che hanno voluto spendere in Consiglio e sulla stampa una frase per me (dal Sindaco al Presidente De Minico, da Lepore a Paolucci, da Peppino a Giovanni De Lorenzo, e il Meetup “Grilli Sanniti) e infine la stampa che ha sempre guardato con attenzione (spesso critica, mai malevola o preconcetta) al mio operato.